Piazza dei Satiri (R. VI - Parione - R. VIII - S. Eustachio) (limitata a est da via dei Chiavari vi concorre via di Grottapinta)
Dice il Rufini (1847): “Due figure di satiri rinvenute in questo luogo, ove fu l'orchestra del teatro di Pompeo, concede il nome alla piazza in discorso”.
Aggiunge il Melchiorri: “I due satiri tolti dal palazzo Valle [1] e restaurati ad uso di telamoni con panieri in capo carichi di uve, si veggono al presente situati ai lati della fontana che scorgesi nella corte del Museo Capitolino”.
Prima di passare nel palazzo dei Della Valle, le statue, rinvenute sicuramente in questa via ai primi del XVI secolo, erano servite come ornamento di un arco trionfale elevato provvisoriamente per il corteo del possesso di Leone X (Giovanni de´ Medici - 1513-1521).
Ma il posto detto “Satro” preesisteva al rinvenimento delle due statue ed era già stato indicato, anteriormente al secolo XIV, quale confine di quella "Vinea Tedemarii" che aveva dato il nome alla VI regio [2]. Infatti si ritiene che la “Vinea” partisse dai margini del Circo Flaminio per giungere fino al “Satro” [3]. La parola “in Satro” è iscritta sul “Registro delle contravvenzioni” del 1467. Flavio Biondo (metà del XV secolo) fa derivare il vocabolo, dalla corruzione di “atrium” altri ancora da “Teatrum”, data l’ubicazione di quello di Pompeo. Secondo l’Armellini la Piazza Santa Maria di Grottapinta si chiamò piazza dei Satiri.
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[1] Due statue del dio Pan.
[2] ) Da un codice del XIV sec. si legge: “Sexta Regio Sancti Eustachii et vinee Tedemarii”. Nel Regesto Farfense è scritto: “Tedmarus, Tedimarius e Teudemarius”. Si ritiene che la vinea partisse dai margini del Circo Flaminio e raggiungesse il Satro. Su Tedemario nessuna informazione certa. Chi lo riteneva un tedesco, chi un nobile romano, altri un nobile tiburtino detto Castaldi Tedemario in un documento tiburtino del 945. Ma, sin dalla fine del sec. XIV, il nome Vinea Tedemarii decade e non vi si accenna più dalla prima metà del XV secolo, anche in quella parte compresa poi nei rioni Pigna e S. Angelo.
[3] ) La nobile e antica famiglia dei Tartari, chiamata anche “de Turre”, ebbe case e palazzi nel “Satro”, contrada adiacente a Santa Barbara dei Librai. Simeone dei Tartari, morendo nel 1337, lasciava alla Basilica Vaticana la torre “tufara” da lui posseduta presso la via dei Giubbonari.
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